domenica 3 novembre 2013

Solo mezzi


La spugna poi si è fatta ala
e vento             oltre il monte
e mentre la lavagna
la sua faccia linda mostra
sulla goccia condottiera
io ritorno

Alcune
il riverbero conservano dell’infinito
e ce lo mostrano per consentirci
d’afferrare il laccio del coraggio
che al bordo dritto ci conduce
ma quando il vaso
s’è fatto cocci e terra
e lo scenario intorno si trasforma
                            si dissolvono

Mezzi                   importanti
ma soltanto mezzi
che il loro compito esauriscono
lasciandoci alla porta
            dove eravamo attesi

E così come l’atleta
quando il punto dell’arrivo ha superato
e altrove i passi suoi conduce
vanno
                      semplicemente vanno via

Gocce che si fanno cielo
                                                dopo
come il sassolino
che sulla spiaggia ai sogni conduceva
e una volta a casa
dell’acqua e della gioia
anche l’illusione del ricordo
                                 ha dimenticato



tiziana mignosa settembre duemilatredici


Note: per chi desidera ascoltarla
http://www.dailymotion.com/video/x16jq5m_tiziana-mignosa-solo-mezzi_creation

Limpida follia


Non ricordo più
quanto tempo l’ho atteso
questo tempo spalancato
sull’abbondanza

I tuoi occhi
erano un sì gridato alla vita
quella sera
e le tue mani anche
erano come le onde tumultuose
che mi frizzavano dentro
sospingendomi leggera
tra la luna
che non vedevo
e le stelle che m’invadevano gli occhi

E poi c’era il freddo
che sentivo  ma non avvertivo
e quel tentativo fallito
che i nostri passi rallentava
dispiaciuti di andar via dal buio
che una rotonda sul mare
avvolgeva

Noi
che cercavamo ancora
 senza dircelo
una manciata di deserto
tra quella folla fatta di pochi respiri
intrichi di cielo a notte
mare e desiderio

Affacciata dal passato
sbucava anche qualche opulenta carpa
più in là
che dai suoi occhi a mandorla
osservava incredula
le nostre risate cristalline
mentre mi raccontavi di buffi
e lunghi baffi neri

Profumava di salsedine
quel batticuore
limpida follia
la stessa che scandagliava gli argini del timore
mentre esploravo il battito impetuoso
che sgorgava fiori e miele
dalla mia pelle

E le tue labbra
spegnendo il mondo intorno
di brivido sulle mie
mi regalavano dolcemente
l’atteso tuo sapore


tiziana mignosa
cinque ottobre duemilatredici


Per chi desidera ascoltarla:
http://www.dailymotion.com/video/x26bgsm_tiziana-mignosa-limpida-follia_creation

domenica 29 settembre 2013

E' la terra del non ritorno

La terra di mezzo uccide
quando non vedi niente davanti
e dimentiche le stelle
inghiotti solo polvere e tormento

E’ la terra del non ritorno
quella dove come sanguisughe sulle spalle
le grida del passato ti rubano l’anima
mentre davanti il nulla
senza pietà t’ inghiotte

e traballanti vedi i passi
che invece di fare rette
a vuoto girano su se stessi


tiziana mignosa
settembre duemilatredici

martedì 30 aprile 2013

Che bello rivederti


Non sempre le cose sono
come sembra che siano
come i percorsi che pur sempre portandoci
dove siamo attesi
a volte differenziano
tra ciò che credevamo
e ciò che poi troviamo

Eppure al di là di ogni probabilità del dopo
assai dolce all’ardire mio appare
-quel dono che mi solletica la pelle e anche il sentire-
quando nel caldo cerchio del tuo sguardo
entro e odo un canto
“che bello rivederti”
sorriso che l’attimo
di gioia per intero
il mondo mio illumina e riscalda


tiziana mignosa
marzo duemilatredici

lunedì 15 aprile 2013

Vetri appannati e sogni


Se mai volessi immaginare la felicità
le darei il nome tuo
e intanto tinteggio calde atmosfere
oltre il limite dove l’occhio può arrivare

E la vita scorre e si distende
come il paesaggio che mi passa accanto
mentre guardando fuori dal finestrino
fantastico appassionate danze

Vetri appannati e sogni
si sovrappongono a crepuscoli infuocati
in un tempo dove la malinconia
sbiadisce come il buio quando la luce Ama

Doveri
che il passo cedono ai desideri
che liberi crescono e si espandono
in accecanti ubriacature di sorrisi

Se mai volessi immaginare la felicità
la colorerei delle emozioni che vivo in questo adesso
mentre l’energia mi suggerisce la gioia del distacco
dal cerchio che al livido incatena


tiziana mignosa
dicembre duemilaundici

Per chi desidera ascoltarla:
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_Vetri_appannati_esogni.HTML

Pometina: dal codice Urbinate Vaticano 1056



Nel dì dell’11 di maggio
nell’anno del Signore 1588
riporta
il codice Urbinate Vaticano
dell’ infelice avvenimento
di uomini crudeli
e delle loro insane gesta.

Sto per raccontarvi
infatti
di  Assan Agà
pirata sanguinario
il capo dei suddetti ceffi
che per mantenere
di terrore il clima alto
con numero sette
di galee algerine
assalì
sulla romana costa
il territorio di Civitas Patrica.

Pirati
e pure brutti e infami
che miravano a reprimere
i giovani entusiasmi popolari
di chi d’allegrezza esultava
per ciò che sotto sotto
da un po’ di tempo
da quelle parti
si  vociferava.

Imminente
a quanto pare era
la costruzione della flotta pontificia
ma mala fu la loro fede
che approfittando del contesto
agirono ancor prima che il Lercari
luogotenente generale della squadra
fosse pronto per salpare.

La storia narra infatti
che nella notte tra l’8 e il 9 maggio
nell’anno del Signore 1588
Assan
 il sanguinario
insieme a 200 pirati algerini
approdò sulla costa della Roma ignara
che senza tutela alcuna
nell’oscurità
serena
riposava.

Per compiere così
il vile misfatto
chi di professione
faceva scempio e prepotenza
di soppiatto
violentò il cuore caldo
della terra ferma.

Coperti dalla notte
nel borgo addormentato
giunsero i vili malfattori
e grande fu il dolore e lo sgomento
per quei pochi levatisi in piè
per contrastare
il nero delle gesta
dei suddetti ceffi.

E mentre i paladini
perfino nella chiesa
morivano trucidati
ignobili furono le brutture
che si contarono
per mano dei pirati.

Senza pietà alcuna
più o meno centocinque
tra maschi e femmine catturarono
rubando gioia e vita
al borgo deturpato.
Trentanove gli uomini
e ventinove donne
ma anche trentacinque
tra i lavoratori stagionali
furono coloro i quali
mai più fecero ritorno.

Tacendo con tenacia
sull’infame sorte
che invece li attendeva
imbastirono i pirati
ulteriori inganni
ai sudditi del Borghese
il principe
adesso sventurati.

E  come se fosse
tutto quanto vero
“Su, lungo il Tevere…”
gridavano mentendo
“alle vigne della grande Roma”
magnifico il luogo
dove “dicevano”
li  avrebbero portati
come se fossero
amici del Giulio
er Sommo Pontefice
e non invece
i miseri qual’erano!

E fu così
dopo l’atroce lutto
che fu anticipata l’ultimazione
del sistema difensivo lungo le coste.

Torri
che sulla azzurra riva
s’alzarono di gran fretta
come quella del Vajanico
che da quel dì
il nome diede
alla terra che
di pianto sabbia e vento
tutt’intorno si estendeva.
       
*********

Ma dopo questa novella
di morte
e atroce sofferenza
desidero per lor signori
narrare quella a lieto fine
della dolce giovinetta
che quel dì
del triste maggio
dal bosco fu salvata.

Lei che con la natura
ci andava assai d’accordo
meglio sicuramente
di qualsiasi altra creatura
aveva instaurato
nel corso dei suoi anni
un magico legame
che molti non comprendevano
ma che le fu fatale.

Sorridendo canticchiava
quando dal suo amato bosco
alla  dimora ritornava
il buio intanto intorno
nel giorno s’infiltrava
mentre gli abbondanti frutti
dalla veste a mo’ di conca
correndo pensierosa
sulla strada seminava.

Aveva fatto tardi
e l’ora era ormai giunta
di andare a riposare
prima che il giorno ritornasse
coi suoi gravosi affanni.

Posò la frutta ai cesti
e lesta andò a dormire
ma quando il sonno
si fece dolce sogno
fu subito svegliata
da grida spaventose
e pianti soffocati.

E intanto  il cuore suo
di botto le pareva
di perdere dal petto
impazzito martellava
e non voleva smettere.

Con gli occhi attraversati
da lampi di terrore
 il vecchio genitore
irrompeva nella stanza
spingendola di fuori
sul carro nella stalla.

La sera
che solo poco prima
splendida faceva culla
a stelle e a grilli canterini
si tramutò in inferno
mentre urla e lampi interpretavano
il canto disumano
della signora nera.

E il tempo
s’arrestò così sulla paura
e intanto tutt’ intorno
la vita lottava con la morte
materializzando leggende paurose
che gli anziani narravano di notte.

Pianti disperati
che le spaccavano la mente
come le voci stridule
che  urlavano l’oscura lingua
che d’improvviso le fu
pericolosamente accanto.

Impietrita la donzella
sentì muovere il carretto
ma non osò guardare
limitandosi a nascondersi
tra stracci polverosi e il fieno
che intorno a sé trovava.

Ma quando il forestiero
s’ arrestò improvvisamente
ardita la fanciulla
in cerca di un rifugio
in un lampo saltò giù.

Fortuna volle che
il bosco fosse proprio accanto
complice e amico vero
le diede il suo sostegno.

E mentre lei correva
più veloce di una lepre
sentiva alle sue spalle
incomprensibili parole
che parevano acchiapparla.

Infatti poco dopo
i bruti la raggiunsero
ma lei riuscì a scappare
e nonostante i due
 coi rinforzi raddoppiarono                                                                                              
il bosco la coprì
e nessuno più la vide.

In quel silenzio insano
esausta precipitò
nel sonno che allontana
ma quando si svegliò
piangendo disperata
pensò alla sua famiglia
e mentre rifletteva
su cosa era meglio fare
intanto camminava
e al borgo ritornava.

Non un solo gemito
arrivava dalle mura
che mai come in quel momento
facevano così tanta paura

ma quando varcò l’arco
che al borgo conduceva
la vista s’offuscò di gocce
sulle spoglie martoriate
che giacevano a casaccio
lungo la rossa polvere
ai margini delle strade.

D’un tratto la sua voce
sentì che urlava la sua pena
mentre correndo disperata
cercava i suoi amati

ma non trovò nessuno
nemmeno i loro corpi
e ritornò nel bosco
col cuore nelle mani.

Quando durò il tempo
del suo vivere selvaggio
nessuno mai lo seppe
ma di certo fino a quando
il bello e forte principe
dell’ Ardea lì vicina
durante una battuta
si spinse su una preda.

Infatti a quanto pare
un rovo o un ramo secco
davanti al suo destriero
gli fece perdere il cinghiale
e mentre i suoi amici
lo burlavano ridendo
il principe incrociò
la donzella spaurita.

Un po’ perché d’indole gentile
un po’ perché la trovava bella
fatto sta che il giovane
le porse la sua mano

ma lei con un balzo a terra
si diede alla gran fuga
e siccome il bosco
era amico per davvero
i cespugli grandi mise
per rallentar la corsa
 avvicinando in tale modo
il nobile straniero.

Quando in quegli occhi belli
lesse la paura che albergava
non perse tempo il principe
a mostrare il vuoto delle mani

ma lei non gli diede credito
e guardandosi intorno
acchiappò un frutto grosso
e glielo tirò addosso.

La mira non era scelta
e lui afferrò il pomo
e mentre rideva divertito
gli diede pure un morso.

Interdetta la fanciulla
non sapeva più cosa pensare
forse non era l’uomo nero
che aveva temuto d’incontrare

e intanto intorno a sé
l’aria si colmava
di una dolce melodia
che dopo tanto tempo
a lei si rivolgeva:

“Buon giorno dolce donzella
sono il principe del paese qua vicino
posso avere l’onore
di venire a conoscenza
del vostro meraviglioso nome?”

Confusa la giovanetta
non sapeva cosa dire
troppo era stato il tempo
che aveva dialogato solamente
con la natura madre

“Non lo so…”
rispose un po’ smarrita
mentre più di un fil di voce
dalla sua vermiglia bocca
proprio non usciva.

Ma adesso era il principe
ad essere perplesso
e associando i fatti
al desiderio del suo cuore
decise in quel momento
di chiamarla Pometina

e non ci volle molto
tra sorrisi e angeliche parole
a convincere la donzella
a seguirlo nel suo regno.

E non fu nemmeno strano
che di lì a qualche giorno
il rampollo s’innamorò perdutamente
della gentile creatura
che era forte e bella
di sicuro come nessuna.

E fu così  che Pometina
che sempre era stata buona
e gentile in ogni circostanza
da regina del bosco quale era
diventò regina per davvero.

E tante furono le stagioni
che videro il suo amabile sorriso
fin quando ormai anziana e stanca
chiese al principe consorte
di andare per sempre a riposare
tra il verde del suo bosco.

Narra la storia infatti
che sulla terra che la coprì
di lì a qualche tempo
spuntò un tenero germoglio
che presto si fece albero
di dolci e succosi frutti
capaci di sfamare
chi gli passava sotto.

E tanti furono i viandanti
amanti della natura
che da quel dì
sotto alla sua ombra
trovarono nutrimento
Amore
e tanta
tanta frescura.          

tiziana mignosa     giugno duemilaundici

Note: scritto per l’associazione Tyrrhenum in occasione della festa medievale nel giugno duemilaundici

martedì 9 aprile 2013

Che in azzurrine luci mi sorridi


Mi cattura la notte quando
-fuori-
di freddo e stelle
intrighi di buio e silenzio
alla frenesia l’antica nenia intona

E il mondo stride
-altrove-
mentre l’ora s’offre a dono
lasciando scivolare nella dimenticanza
copioni e ruoli che la sincerità del battito
hanno smarrito

-Dentro-
e intorno a me allora plana
 un intimo tepore fluttuante
che sorge, cresce e incanta
nell’amplesso veritiero
che mi trova anima e materia

-E ci sei tu-
che in azzurrine luci mi sorridi
colmandomi lo sguardo  di dolce appartenenza
mentre l’oscurità
-fuori-
al mondo tace la magia del nostro abbraccio

tiziana mignosa
febbraio duemilatredici


Per chi desidera ascoltarla: 
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_che_inazzurrine_luci_misorridi.HTML



L'Amore beve dalle nuvole


A volte sembra tutto
e altre poco e niente
eppure quando c’è
di sole e fragole è la linfa
che ai girasoli la tua essenza soffia

E forse è quel dolce tremolio sull’incertezza
o forse solo il fatto che guardandoti
il verde dei miei occhi intero
sazio

Di fatto
ogni volta che ti sento
il volo osservo del mio battito
che leggero l’Amore beve dalle nuvole
e anche quanto brio imbocchi
al giardino di suoni e di colori
che l’inverno già da un po’ ha perdonato

E mentre l’esistenza
gentile m’accompagna
a mettere i calzari che nel dopo mi conducono
dentro me non riesco a lasciare andare
spicchi d’azzurro acceso
che dal cielo insieme a te ho catturato

-Vorrei tempo-
per non vivere senza respiro
attendendo che si faccia dolce
il tempo
inconsapevole dono
che le aridità segrete mie disseta

E altro tempo ancora
vorrei per ridere
scherzare
e con te giocare

e divento sacca
senza fondo
che si gonfia senza mai
conoscere il grigio pago del suo bordo

Cresce cosi
il sole dentro al sole
che soddisfa ma non sazia
mentre un segreto senza barriere
timidamente al mondo la sua forma cede

tiziana mignosa
febbraio duemilatredici


Per chi desidera ascoltarla: 
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_Lamore_beve_dallenuvole.HTML

lunedì 4 marzo 2013

E un aeroporto nel mondo


Fari sfreccianti
su ampi percorsi che accolgono mondi difformi
fretta
e un sole che incanta e poi scivola
su terra straniera

E un aeroporto nel mondo
una città che a quest’ora
s’arrende al suo gioco sfibrante
e sbadiglia alla notte che avanza

Un uomo che attende il suo volo
un pensiero leggero e il presente
occhi bassi e un messaggio che viaggia
nell’etere
un sorriso che bacia l’istante

tiziana mignosa
marzo duemilatredici

Per chi desidera ascoltarla:
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_eunaeroporto_nelmondo.HTML

venerdì 15 febbraio 2013

Quando sono con te


Quando sono con te
l’estate ai fiori la sua gioia intona
e poco importa se nella mia cinta
sia grave inverno o gentile primavera

E mentre i giorni
di pungenti lane sotto il sole svesti
le nuvole il passo leste
all’azzurro cedono
per migrare sul lontano borgo
che solo stonature e dimenticanze accoglie

-Quando sono con te-
divento ladra di parole ed emozioni
e non le lascio andare
anche quando il dopo
da quel tenero tepore
vivendo d’altro m’allontana

Ed è per questo
che stupita mi soffermo
a fissare quel giovane germoglio
che sento ogni giorno
illanguidirmi il cuore

E intanto al vento il mio segreto canto
-ti Amo-
non tanto per la bellezza che in te
dell’universo intero scorgo
quanto per come
così profondamente bene
solamente tu riesci a farmi sentire

tiziana mignosa  
febbraio duemilatredici

Per chi desidera ascoltarla:
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_Quando_sono_conte.HTML

Mattinate sbadiglianti con il sole ancora freddo


S’incrociano le vie
perpendicolari al dovere
giorno dopo giorno
tra la folla i quattro passi recano

Mattinate sbadiglianti con il sole ancora freddo
di piacere mi trattengono
sull’oasi di luce qualche festa fa tracciata

Sorrisi che germogliano impauriti
ripescano diletti scanditi lungo il di
che tra il primo e il secondo natalizio
al giorno dell’arrivo fanno onore

Filigrane d’emozioni
come dita tremolanti sull’icona cartonata
ripercorrono ora dopo ora già gustata

e perfino si trattengono
sulle linee sconosciute
che nel lasciarsi vivere
ancora un po’ tentennano

tiziana mignosa
febbraio duemilatredici


Per chi desidera ascoltarla:
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_Mattinate_sbadiglianti_conilsole_ancorafreddo.HTML 

venerdì 25 gennaio 2013

In questa notte come tante


Solo un braccialetto di perle
un paio di guanti neri
e il mio profumo
in questo silenzio che mi culla
mentre fuori il mondo
mi graffia senza toccarmi

E intanto come unghie sulla lavagna
vortici impetuosi tentano d’inghiottirmi
ma nell’attesa di te
l’intrigo del mio bosco si fa nullo
e mi salvo costruendo con la mente
isole di sole galleggianti
che mi vedono attrice nel passato di domani

Nessuno vede il sangue
ma le ere
a volte sono strade lastricate di grandine e sudore
frammenti di gioia inaridita
ripide salite senza nessuna meta

-E ti penso-
e intanto sovrappongo mani a mani
sguardi sorridenti ad altri sguardi
e le lancette
continuano la gara con il sogno

Grattacieli di parole
che poi si perdono
come le pagine di un libro
che ancora non concede
il suo passo più lucente

In questa notte come tante
-un letto senza foglie-
un braccialetto di perle
un paio di guanti neri
e il mio profumo che mi avvolge

tiziana mignosa
gennaio duemilatredici


Per chi desidera ascoltarla:
http://www.suonamiunapoesia.it/SUPz_Mignosa_Inquesta_notte_cometante.HTML

Il grigio fare dal dolce piacere


Mentre come lampo
sull’idea mi illumino
che da sempre non esiste cosa
che non esiste
e che noi farfalle in agrodolce viaggio
ci andiamo solamente sopra
e la viviamo
credendo d’aver fatto chissà quale grande cosa

come se ne avessi venti
l’abbondanza sperimento
senza però sostanza
come la bella che con la mela in bocca
è caduta nel torpore
e la realtà con il sogno scambia
ma prima d’incontrare il dolce atteso
con i sette s’è spartita
i giorni bui della merla

Nani
che in quattordici per me raddoppiano
ognuno con in mano un dono
speciale e differente
tutti insieme fanno tanto
ma divisi poco e niente

L’ansia di sapere
e il timore di conoscere
non scalfiscono però l’antica cinta
che divide
invece di baciare
ancora il grigio fare dal dolce piacere

E cosi dell’estate che mi calza a genio
sono solo simpatici cerini
a dire il vero anche un po’ bagnati
che al divampo accennano
ma non m’accendono
e s’alternano scaldandomi
solamente una
delle tante dita che posseggo

E visto che tutto nasce dal pensiero
un po’ smarrita allora mi domando
 “Ma dov’è che ancora sbaglio?”

tiziana mignosa
gennaio duemilatredici

Protagonista dell'era incatenata


Quando l’apice del no raggiungi
il concetto di tradimento appare assai più chiaro:
o il comune senso del dovere anneghi
oppure come sempre
i desideri tuoi sono ad aver la peggio

E mentre l’uragano
si è fatto pioggerella lungo il tempo
fastidiosa
ma non più vile tormenta
sulle mani del martirio ti soffermi

ma anche sul lento asciugarsi della rosa
protagonista dell’era incatenata
mentre troppo a lungo
al bivio soffocavi i tuoi talenti

Fantomatici piaceri
attori e spettatori sulla stessa scena
scimmiottano un amore
che Amore non conoscono

E se è vero che essere corretti
è una gran bella cosa
t’accorgi che a volte per accontentare
il tuo sole soffochi nel pozzo

E cosi un po’ per il gusto della pace
e un po’ per le idee sbilenche
che nella testa ti hanno radicato
come le antiche ave ti ritrovi
ad eseguire l’esatto opposto
di ciò che in realtà volevi

tiziana mignosa 
gennaio duemilatredici

Il misterioso potere che la bellezza emana


Obbedendo al misterioso richiamo
della bellezza
alla mia destra trovo un varco
-non d’uscita-
ma di respiro

Intensi attimi d’incanto
che il mio piacere nutrono d’un fiato
e intanto mi soffermo
a giocare coll’idea
di quanto generoso sia il desiderio
quando isole di cristallina acqua
sugli aridi deserti d’improvviso reca

E per un istante
sulla fantasia del dolce bacio
la catena sciolgo
e dal palo dell’incertezza
dove da sempre m’incateno
m’allontano

Ma l’acqua
non è mai la stessa
a volte nutre e altre non disseta
e spesso è grigio assolo
che stenta a mantenermi a galla nell’attesa

Inaspettato gusto
di sponde e desideri che si sfiorano
sorrisi a cuori e fiori
che intorno a me il rumore tacciono
mentre mi lascio fluttuare
sui sentieri verdi dell’incanto

Il misterioso potere che la bellezza emana
mi guida su una terra ignota
-che mi attrae-

tiziana mignosa  
gennaio duemilatredici
.
note: per chi desidera ascoltarla:



giovedì 24 gennaio 2013

Frammenti di te


Ogni volta che m’imbatto in frammenti di luce
il canto della gioia intorno
piccoli sorsi d’estate
che di te sanno

e mi incanto
davanti isole verdi
dalle porte azzurre
come braccia aperte

Illusione che mi porta pezzettini di te
ma che nel poco mi conduce
nei giardini sbiaditi
dimora prediletta dai fiori di plastica

Arcobaleni menzogneri
colorati ad acqua
sul monte sommerso dal freddo
e dalla neve

e quando il lume accendo
gli accordi si fanno presto stonature e graffi
e i calzari della fuga tengo d’occhio
che invece d’annodare 
i lembi slacciano

Utopici sorsi che non dissetano
e che mai mi potano
a guardare il fondo del bicchiere
che alle mie labbra ho avvicinato

Occhi sgranati all’orizzonte
a contare i tetti delle case
mentre la saggezza mi sussurra
che tra tante in tutto il mondo
qualcuna ospiterà pure
chi con la mia essenza
a sorrisi e a specchio si combacia

tiziana mignosa
gennaio duemilatredici

domenica 6 gennaio 2013

Fiocchi di cielo ghiaccio e bianche attese


A volte lo spazio che ci cinge
d’improvviso si schiude al sogno
e della sua bellezza
lo sguardo nutre

Passi ovattati come i sensi
i giacigli del piacere invadono
e sul lento scivolare della neve
accordano battito e sentire

E’ quella l’età in cui
il silenzio partorisce il suono
fiocchi di cielo ghiaccio e bianche attese
la madre terra baciano

e in quell’attimo
l’incanto sazia la sua antica sete
come il respiro del presente
che scandisce un tempo
senza tempo

tiziana mignosa
dicembre duemiladodici

Stralci di vita rimpianta


Ipnotici percorsi
tracciati da esili dita
disegnando l’infinito nell’aria
raccolgono stralci vissuti
di vita rimpianta

Magie d’umide e torride estati
sinuose scandiscono
note già Amate
che nel crepuscolo
dagli albori ritornano

Regine volanti di monti e di mari
il vento cavalcano
nenie antiche che a tratti alimentano
campi di papaveri e grano
di rossi e d’oro oscillanti

Desolate terre
di fermento e passione
dei battiti l’emozione trasportano
ebbre di gioia e bellezza
 coi passi di ieri il mondo al sorriso riportano


tiziana mignosa
dicembre duemiladodici

sabato 5 gennaio 2013

Di un tempo lontano che ritorna


Guardiani di umidi segreti
gli occhi
intrufolandosi tra i gialli e i verdi
le bianche nebbie dei colli schivano

Avidi sguardi
bellezza celebrano
mentre i corpi
l’immobilità vivono dell’attesa

Antiche fertilità
riappropriandosi del respiro smarrito
riallacciano l’impolverato patto
tra terra e cielo

Eco ovattate
di un tempo lontano che ritorna
partoriscono un silenzio irreale
che il vento non riesce a disperdere
mentre languidi sospiri
l’orizzonte arabescano d’infinito

tiziana mignosa
dicembre duemiladodici